Il primo stadio di Empoli lungo le mura dell’antico castello

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il gioco del pallone – 2° parte

P. Maestrelli, Pianta geometrica del gioco del pallone, ASCE, Preunitario, Comunità, 290, c. 284, 1851.

Il gioco del pallone e – si badi bene – non il gioco del calcio, come abbiamo avuto modo di precisare in un precedente post, ebbe larga diffusione in tutto il Granducato di Toscana. E sembra che godesse di grande popolarità anche nella neonata comunità di Empoli dove alla fine del Settecento il gioco sembrava creare diversi problemi alle piante degli orti ricavati nel pomerio delle mura orientali, spesso danneggiate dalle frotte di ragazzi che vi entravano per recuperare le palle. Insomma giocare a pallone non era affatto semplice e nel corso degli anni si fa pressante da parte della popolazione empolese la richiesta alle autorità comunitative di uno spazio dove poter svolgere questa attività in tutta tranquillità, senza danni e molestie per alcuno. Leggi tutto

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Pandemie del passato: la peste ad Empoli del 1522-1530

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Bando dell’Ill.mo Duca di Firenze et Siena […] sopra le terre […] infette dalla peste, Firenze, Giunti, 1564, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale

Le vicende di questi giorni, con il loro carico di ansia ed il senso di incredulità ed impotenza, fanno riandare con il pensiero alle epidemie del passato, quando non si conosceva l’esistenza di virus e batteri, poiché non c’erano strumenti per poterli osservare, ma la preoccupazione nel sentirsi esposti ad un nemico invisibile ed il dolore per la perdita di parenti ed amici erano del tutto simili ai nostri.

Fra le epidemie del passato una delle meno conosciute fu la peste del 1522-1530: fu una vera e propria pandemia, in quanto, non solo il contagio si diffuse in vari paesi d’Europa, ma dopo la prima comparsa nel 1522, tornò a colpire ciclicamente negli anni successivi, fino almeno al 1530. Mentre a Roma e a Milano c’erano stati dei morti fino dall’estate 1522, a Empoli il “morbo”, come veniva chiamato per antonomasia, si manifestò per la prima volta nell’aprile 1523. Leggi tutto

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Quando a Empoli si giocava a pallone … ma non a calcio

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il gioco del pallone – 1° puntata

Il pallone, in Giochi, trattenimenti e feste annue che si costumano in Toscana e specialmente in Firenze, disegnati da Giuseppe Piattoli, Firenze 1790

Non c’è dubbio che uno degli sport più seguiti e praticati, e non solo a Empoli, sia il calcio, che ha raggiunto da tempo l’ambito ruolo di sport nazionale, ma non sempre il gioco del pallone ha coinciso con la pratica del football.

I giochi di palla erano estremamente diffusi nei secoli passati, praticati sia da bambini e ragazzi nelle campagne o nelle vie cittadine, creando tra l’altro non pochi problemi al ‘quieto vivere’, che da adulti. Un grande successo era riscosso dal cosiddetto gioco del pallon grosso o pallone col bracciale, gioco di antica origine che nel corso del XIX secolo ebbe un larghissimo seguito in molte regioni italiane, tra cui la Toscana, tanto da precedere il calcio all’inglese nel connotare la pratica sportiva a livello nazionale. Leggi tutto

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Chi pagava i festeggiamenti in onore di S. Andrea?

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Il contributo delle Arti e dei mestieri alle feste patronali del 1460

La facciata della Collegiata di S. Andrea a Empoli [fonte Wikipedia]

Le origini della festa di Sant’Andrea (novembre), come santo titolare della chiesa principale di Empoli e patrono del castello, si perdono nella notte dei tempi, ma la menzione più antica che sono riuscita a trovare non risale che al 1377 quando il governo fiorentino, nel corso della guerra contro papa Gregorio XI, poi detta “degli Otto santi”, promosse un censimento della capacità contributiva degli enti religiosi della città e del dominio.

Nella “portata” relativa alla pieve di Empoli, oltre all’inventario dei beni immobili posseduti, si elencano anche le voci di spesa fissa annuale, tra le quali: “la festa di sancto Andrea e la vigilia, che’cci interviene tucto ‘l pivieri, e’religiosi e’chonsoli del chomune d’Empoli e’l podestà. In questi dua dì … si fa dua desinari spendendo ongn’anno fiorini…”. Leggi tutto

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Il Palio empolese

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Quando a Empoli (e non solo a Siena) si correva il palio

J. Callot, Veduta delle chiese sul Prato colla corsa de Barberi, incisione XVII sec, in G. Trotta, Il Prato d’Ognissanti a Firenze: genesi e trasformazione di uno spazio urbano, Firenze 1988

Ai giorni nostri, la “città del palio” per antonomasia è indubitabilmente Siena, poiché è l’unico luogo dove l’antica corsa dei cavalli venga ancora effettuata nelle modalità tradizionali. Nei secoli passati tuttavia si correvano palii in tutte le città toscane, sia piccole che grandi. Si definiva “palio” qualsiasi corsa di cavalli, anzi qualsiasi gara che avesse in palio (per l’appunto!) un trofeo consistente in un drappo di stoffa pregiata (dal latino pallium = velo). Per questo motivi esistevano il palio dei navicelli, quello dei cocchi e quello degli asini, ma nella maggior parte dei casi si facevano correre dei cavalli, anzi dei “barberi” (corruzione di berberi, con riferimento ad una particolare razza di cavalli). Esistevano due tipi di palio, inteso nel senso più ristretto di corsa di cavalli: il palio “alla lunga”, con percorso rettilineo, e quello “alla Tonda”, con percorso circolare lungo il perimetro di una piazza o di uno slargo fuori dal centro cittadino. Il palio empolese fu per tutto il ‘700, secolo per il quale è costantemente documentato, quasi sempre “alla lunga” e disputato costantemente lungo lo stesso percorso di Km. 1,300, compresi fra il punto di partenza, il ponte sul rio dei Cappuccini ed il traguardo fissato al magazzino del sale (all’angolo fra le odierne via Chiara e via Ridolfi). Leggi tutto

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Empoli e le feste del passato (remoto)

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Continuiamo il nostro viaggio alla ri-scoperta delle feste a Empoli

Apparato esterno della Collegiata per la festa del Corpus Domini, inizio XX sec., in Porciatti – Ristori – Rovini, Immagini di Empoli 1895 – 1945, Empoli, 1984

Innumerevoli erano le feste nel Medioevo e nella prima età moderna, a Empoli, come altrove. L’occasione era data per lo più da una ricorrenza religiosa ma alcune di esse, oltre alla celebrazione di messe solenni e processioni, erano accompagnate da manifestazioni squisitamente laiche, con lo scopo di richiamare a Empoli visitatori anche dai paesi vicini e di favorire così lo sviluppo di commerci, come osterie, locande, botteghe di generi alimentari.

A Empoli la festa più antica fu quella del santo patrono, sant’Andrea, titolare della chiesa principale Leggi tutto

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Orti e palloni

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Torniamo a rileggere il nostro passato attraverso le vicende del pallone

Il tratto sud-orientale delle mura di Empoli, poi occupato dall’Ospedale di Empoli (1° metà XVIII secolo)

Abbiamo dedicato l’ultimo numero della nostra rivista ai giochi e alle feste pubbliche che si tenevano ad Empoli nel passato. Le pagine pubblicate condensano le tante informazioni reperite nel corso delle ricerche archivistiche, che spesso permettono di riportare alla luce in maniera del tutto fortuita episodi a volte poco rilevanti per la ‘grande storia’ ma molto utili a dare il senso della vita quotidiana del passato.

Scoprirli in questi giorni così particolari per la nostra comunità può essere di aiuto a superare il disagio della permanenza a casa offrendoci l’opportunità di riappropriarci un po’ del passato del nostro territorio. Leggi tutto

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La vera storia di Piazza Gramsci*

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ASCE, Archivio fotografico empolese, VI/459, Piazza Gramsci, anni '30 del XX secolo
ASCE, Archivio fotografico empolese, VI/459, Piazza Gramsci, anni ’30 del XX secolo

Con il completamento dei lavori di costruzione dei nuovi quartieri limitrofi al centro cittadino – Bisarnella, via lungo la ferrovia, Cascine e case popolari di San Rocco – nei primi mesi del 1931 si rese necessario provvedere alla denominazione delle nuove strade attenendosi alle indicazioni fornite dalla legge sulla toponomastica del 1927. Al vicepodestà Emilio Comparini e al professor Vittorio Fabiani fu affidato il compito di individuare quei personaggi ‘benemeritati dalla nazione’ legati alle vicende della comunità empolese cui intitolare le strade di nuova costruzione in modo da «perpetuare la memoria di cose e persone della città, meritevoli di essere tramandate ai posteri, per modo che ogni Terra abbia, anche in questo particolare dell’odonomastica, una sua speciale fisionomia ed offra il destro di rievocare pagine non ingloriose del proprio passato, sia prossimo che lontano»[1].

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L’alluvione del 1844 nel territorio empolese (In margine alle iniziative sui 50 anni dell’alluvione del 1966)

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ASCE, Preunitario, Comunità

I momenti drammatici dell’alluvione del 3 dicembre 1844, una delle più disastrose nella storia del nostro territorio, nelle parole dell’allora ingegnere di circondario (una sorta di ufficio tecnico dell’epoca) Giovanni Veneziani, sono già stati pubblicati da Paolo Santini nel volume: Spicchio un borgo sull’Arno (Fucecchio, Edizioni dell’Erba, 2007), insieme ad una generale descrizione dei luoghi di tracimazione e rottura degli argini.
Qui vogliamo segnalare l’esistenza nell’archivio storico comunale (Preunitario, Comunità) di un “prospetto” a stampa, conservato in più copie, che elenca nominalmente tutte le persone che rimasero danneggiate, la natura precisa e l’entità dei danni, nonché un elenco dei soccorsi ricevuti e dei modi scelti caso per caso per rifondere i danni.

Il “Prospetto” è opera della Commissione di beneficenza a favore dei poveri danneggiati dalla straordinaria inondazione del 3 novembre 1844, istituita con il compito di raccogliere oblazioni da parte di privati e altri enti. Era composta dal Gonfaloniere in carica marchese Cosimo Ridolfi (Presidente), dal proposto Giuseppe Bonistalli (Vicepresidente), dai deputati Antonio Vannucci, Amadeo Del Vivo, Pasquale Novelli, Francesco Manetti e dal Cappellano Giuseppe Michi (segretario).
La commissione lavorò alacremente e, dati i mezzi tecnici dell’epoca, conseguì risultati straordinari:
alla fine di gennaio 1845 i danni erano già stati stimati ed indennizzati ed era già pronto e stampato il “Prospetto” di cui si è detto.
I danneggiati erano stati divisi per parrocchia. Le parrocchie dove si erano registrati i danni erano le seguenti: Marcignana, Pagnana, Avane, Tinaja, San Michele a Pontorme, San Martino a Pontorme, Santa Maria a Ripa e Cortenuova. Sotto ogni parrocchia è riportato l’elenco alfabetico delle persone danneggiate, la loro professione, e gli oggetti perduti con il loro valore e infine le modalità con cui sono stati riparati o rifusi i danni.

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Aspettando Becuccio. Appuntamento al Museo del vetro di Empoli, 31 marzo 2017

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Andrea del Sarto, Pala di Gambassi, Firenze – Galleria di Palazzo Pitti (fonte: Wikipedia)

Nell’attesa di conoscere le ultime novità in merito all’inedita ricerca che Franco Ciappi e Silvano Mori, della Società Storica della Valdelsa, stanno portando avanti intorno alla figura del famoso vetraio gambassino noto come Becuccio bicchieraio – i cui primi risultati saranno anticipati nell’incontro di venerdì prossimo al Museo del Vetro di Empoli – proviamo a solleticare la curiosità dei nostri lettori recuperando qualche notizia intorno a questo personaggio.

Becuccio bicchieraio è noto agli storici dell’arte perché ricordato per ben due volte nelle Vite del Vasari: innanzitutto quale committente della famosa Pala di Gambassi realizzata da Andrea del Sarto, «amicissimo suo», per il convento delle monache benedettine dei Santi Lorenzo ed Onofrio, appena fuori del castello – appunto – di Gambassi, nella cui predella «ritrasse al naturale esso Becuccio e la moglie», quindi nella Vita del Pontormo che – a detta di Vasari –«ritrasse in uno stesso quadro due suoi amicissimi: l’uno fu il genero di Becuccio bicchieraio et un altro del quale parimenti non so il nome». La maestosa pala di Andrea del Sarto, databile al 1527-28, si conserva oggi nella Galleria Palatina di Firenze, mentre la coppia di ritratti della predella è stata identificata da Alessandro Conti con i due ritratti sarteschi dell’Art Institut di Chicago (A. Conti, Andrea del Sarto e Becuccio bicchieraio, «Prospettiva», 33-36 (1983-1984). Pp. 161-165). Il doppio ritratto del Pontormo ricordato nella vita del Carrucci si ritiene che debba identificarsi con quello della Fondazione Cini di Venezia, che recentemente è stato esposto alla mostra che Palazzo Strozzi ha dedicato al pittore pontormese e al suo comprimario, Rosso Fiorentino, Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della ‘maniera’ (Firenze, Palazzo Strozzi 8 marzo – 20 luglio 2014).

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