Empoli e le feste del passato (remoto)

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Continuiamo il nostro viaggio alla ri-scoperta delle feste a Empoli

Apparato esterno della Collegiata per la festa del Corpus Domini, inizio XX sec., in Porciatti – Ristori – Rovini, Immagini di Empoli 1895 – 1945, Empoli, 1984

Innumerevoli erano le feste nel Medioevo e nella prima età moderna, a Empoli, come altrove. L’occasione era data per lo più da una ricorrenza religiosa ma alcune di esse, oltre alla celebrazione di messe solenni e processioni, erano accompagnate da manifestazioni squisitamente laiche, con lo scopo di richiamare a Empoli visitatori anche dai paesi vicini e di favorire così lo sviluppo di commerci, come osterie, locande, botteghe di generi alimentari.

A Empoli la festa più antica fu quella del santo patrono, sant’Andrea, titolare della chiesa principale Leggi tutto

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La festa del Corpus Domini nel Settecento

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morelli_44A pochi giorni dalla festa del Corpus Domini e del  536°  Volo del ciuco pubblichiamo una sorta di “diario”  delle celebrazioni del 1767, scritto da Bartolomeo Romagnoli, cancelliere del capitolo della Collegiata.

Gli elementi c’erano già tutti: la solennità della festa, il grande richiamo dei forestieri, i fuochi d’artificio e la leggenda  (priva di fondamento) del volo del ciuco, come sberleffo contro gli abitanti di San Miniato, che nel 1397 , fallita la ribellione al dominio della repubblica fiorentina, furono da questa riconquistati con il concorso determinante dei soldati inquadrati nella lega d’Empoli, sotto il comando di Cantino Cantini da Monterappoli.

Gli addobbi “sfarzosi” alla Collegiata si sono protratti per secoli e la foto della festa, nei primi decennti del Novecento, ne è una testimonianza

 

Festa del Corpus Domini

Adì 18 giugno 1767

Notizia qualmente in questo sopradetto giorno fu solennizzata la festività del Corpo del Signore, colla pompa maggiore e più assai sfarzosa degli anni soliti […]

Si vedde pertanto un bell’apparato alla chinese nei voti di questa nostra insigne Collegiata, siccome ricorrere un lavoro simile sopra il gran cornicione, sotto il medesimo e sopra le colonne e con un gusto particolare senza rispiarmo di seta li padiglioni alle cappelle e all’altri archi erano di damasco cremisi con la sua falpalà di seta; sopra il cornicione precorrevano giardiniere di lumi ben disposti con vasi grandi di fiori corrispondenti a quelli della pittura della soffitta sotto il detto cornicione e sopra ciaschedun’arco ricorreva una simile giardiniera con lumi, ancora questi assai vagamente disposti. Le facciate dell’organo, oltre a essere parate alla chinese, avevano 2 grandi spere, ad uso di ventola; appiè e intorno la cantoria esistevano candelabri all’ultima moda; appiè di ciascuna colonna esisteva una statua con ventola ovvero una gran giardiniera corrispondente all’altezza delle statue predette. La macchina poi dell’altare maggiore era poi sull’ultima moda, tutta ornata di candelabri e così la maggior parte di libbre 10 e gli minori sulla mensa erano di 2 libbre. Il Venerabile occupava poi il luogo che occupa presentemente il baldacchino, che bisognò levare. Riescì adunque questo apparato di gusto comune e fu assai lodato dalla nobiltà fiorentina e delle città circonvicine. Da 20 gran lumiere di cristallo ornavano le arcate e quella all’altar maggiore vicino. Il numero dei lumi ascendeva a 600 e tanto la mattina alla cantata in musica e il giorno similmente stette ogni lume acceso. La piazza, oltre il solito gran prospetto colle 6 gran colonne balaustrate conficienti una nuova facciata alla chiesa, tutte le arcate dei portici avevano un padiglione con suo falpalà di colore rosso e giallo. Vi erano le gran tende che formano quasi un baldacchino quanto è lunga la piazza.

Dal Palazzo Pretorio esisteva una macchina di fuochi […]. La processione riuscì devota e adorna perché, dopo li signori cappellani e avanti sei cantori […] si udivano 12 strumenti a fiato, unitamente colli grossi timpani che facevano una giocosa armonia e divota che cagionava le lacrime agli astanti.

Il numero dei confratelli colle cappe e dei secolari con torcie di Venezia fu assai assai decoroso e ascendente a qualche migliaia […].

Dopo vi fu il solito volo del somaro, festa popolare ed introdotta dall’epoca che gli Empolesi ripresero di mano de’ Mangiadori la rocca di S. Miniato da essi fatta ribellare dalla Repubblica fiorentina, alla quale si era data senza consenso di quella numerosa e possente famiglia […].

Molte migliaia di popolo concorse a questa festa e vi durò il gran concorso e al palio, consistente in 22 braccia di damasco rosso e fino alla totale terminazione dei fuochi, prevenuti da grossissime e strepitose sinfonie e tutto a maggior gloria di Dio.

 

Archivio della Collegiata di S. Andrea, Capitolo, Deliberazioni e partiti 13

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Il volo del ciuco: parlano i documenti. Storia e leggenda – Parte seconda

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L'empoliere_volo del ciuco

La leggenda

Secondo una tradizione inveterata, che tuttavia non ha alcun fondamento, il volo del ciuco a Empoli avrebbe avuto inizio come sberleffo contro i Sanminiatesi nel 1397, all’indomani della fallita ribellione di questo comune al dominio della repubblica fiorentina, fallimento a cui gli Empolesi, ed in particolare tal Cantino Cantini da Monterappoli, avevano dato un notevole contributo.


La leggenda nacque nel secolo XVII e trovò subito un seguito pressoché unanime, anche fra l’élite colta della città. Si basava su un poemetto eroico-comico di Ippolito Neri (1652-1709), intitolato La presa di Saminiato, che si colloca all’interno di un filone letterario in voga nei secoli XVI-XVII.
Il Neri traeva spunto per il suo poema da un episodio realmente accaduto nel 1397, la riconquista di San Miniato da parte della repubblica fiorentina, con il concorso determinante dei soldati inquadrati nella lega d’Empoli, ma forzava volutamente il dato storico e lo arricchiva di aneddoti inventati appositamente per suscitare l’ilarità del pubblico.
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Il volo del ciuco: parlano i documenti. Storia e leggenda – Parte prima

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immagine volo del ciuco Per secoli a Empoli il volo del ciuco fu uno spettacolo popolare molto seguito, strutturalmente collegato, insieme alla processione e ad altre manifestazioni di contorno, alla festa del Corpus Domini. La festa nell’età preindustriale era un evento molto importante e carico di significati per gli abitanti di una comunità: offriva occasione di svago, ma anche l’opportunità di rinsaldare il senso civico e la consapevolezza di appartenere ad una comunità. La festa soddisfaceva il bisogno di evasione da una condizione umana precaria, dalla lotta per la sopravvivenza; era l’intervallo dalla quotidiana fatica del vivere, con atteggiamento ludico ma anche meditativo.

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