Nino Bezzi (1882-1961). Fine letterato e uomo generoso – Parte Seconda

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Copertina Empoli nel 2000
Nino Bezzi, “Empoli nel 2000”. Monologo per teatro recitato al “Tommaso Salvini” di Empoli nel 1911.

Nino Bezzi, 42 anni nel 1924, era presidente dell’Associazione Combattenti e Reduci a Empoli.

Tra i punti che i fascisti desideravano per completare il totalitarismo in Italia c’era quello di fare di tale Associazione, a partire dal suo livello nazionale, una appendice dello stesso programma fascista. Poco dopo la scomparsa di Matteotti, nel clima risoluto che le opposizioni andavano manifestando in quell’estate, il Congresso Nazionale dell’Associazione, svoltosi ad Assisi a partire dal 27 luglio, aveva respinto il tentativo di uniformare i reduci ai fascisti. Un ordine del giorno di “condanna dei metodi e dei fini fascisti” fu illustrato al re dal pluridecorato generale Ettore Viola, già comandante degli “arditi” nella primavera 1918 sul M. Grappa. La colonizzazione della memoria intorno alla recente guerra era evidentemente giocata dai fascisti in vista di un futuro da affrontarsi con compattezza spregiudicata, al servizio delle decisioni centrali, a costo di fratture interne e di sopraffazioni.

Anche nella sezione di Empoli, a fronte delle personalità che si richiamavano alle tradizioni risorgimentali come Bezzi, c’erano reduci che avevano aderito al fascismo, fra cui Vitruvio Cinelli. Nella città resasi responsabile dello sciagurato episodio contro il fascismo nel 1921, Cinelli divenne la personalità fascista più in vista, sindaco dal 1923 e più tardi podestà.

Come nel livello nazionale, anche nella periferia nel 1924 i fascisti reclamavano manifestazioni per la propria propaganda, ricoprendo il ricordo della guerra con quello del 28 ottobre, secondo anniversario della marcia su Roma. A Empoli Cinelli volle ottenere quello che nella sede nazionale era stato intanto bloccato, cioè l’assorbimento nel movimento fascista della sezione locale dei reduci. Presentò infatti un ordine del giorno che, appunto, identificava fascismo e combattentismo. Quell’ordine del giorno fu respinto per iniziativa di Bezzi, affiancato da Vincenzo Chianini e da quattro fascisti moderati, aprendo una crisi grave nell’organizzazione fascista locale. L’episodio infatti fu ripetuto nella segreteria del fascio, istanza in cui fu replicata la stessa posizione. Si determinò così una frattura che si manifestò in tutte le istanze del territorio, sindacali e amministrative.

La celebrazione del 28 ottobre non poté avere luogo. Tuttavia di lì a poco un’assemblea generale fascista, diretta dall’ultrafascista Sergio Codeluppi, espulse tutti coloro che avevano espresso moderazione e lanciò il sabotaggio per le celebrazioni patriottiche del 4 novembre: fu infatti negata l’autorizzazione. Nino Bezzi, presidente, rassegnò per protesta le dimissioni.

Non fu questa la fine dell’affaire. Seguì lo strascico tristo delle punizioni corporali secondo la interpretazione fascista della “patria”: bastonature ai fascisti disubbidienti, alcuni dei quali se ne andarono da Empoli. Più gravi le vendette contro Bezzi e Chianini, cui furono devastate le case.

Franca Bellucci

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