W. Siemoni – L’antico volto di piazza Farinata (1° parte)

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pianta salzburg
Biblioteca dell’Università di Salisburgo, Dipartimento di collezioni speciali, segnatura H19, disegno a penna, XVI secolo

La lettura dell’articolo di Elisa Boldrini su piazza Farinata ed i molti nomi da essa assunti nell’arco dei secoli mi induce ad alcune riflessioni su questa parte della città, da sempre fulcro vitale ed a tutt‘oggi in gran parte da studiare e conoscere[1].

Ma che cosa realmente sappiamo su di essa?

Al di là di una certa ricchezza documentaria, anche iconografica, che ci conferma come la sua planimetria sia praticamente restata immutata negli ultimi cinquecento anni, assai poco conosciamo sul primitivo aspetto che la piazza doveva avere, dato che ciò che oggi vediamo è il risultato di interventi in gran parte ottocenteschi i quali ne hanno sensibilmente modificato l’aspetto originario.

Oggettivamente questo non appare compito facile in quanto pressochè nulle sono le testimonianze precedenti l‘attuale assetto su questa porzione del centro cittadino la cui origine, come è noto, si fonde con quella della città stessa. Questo sconfortante quadro, motivo principale per cui tale problematica sinora non sia stata affrontata, è almeno in parte mutato, per la recente acquisizione di due immagini la cui importanza è ancora in gran parte da valorizzare, gettando in tal modo nuova luce e fornendo nuovi appigli all‘indagine storica.

Alcuni anni or sono fu reso noto un disegno inchiostrato a penna raffigurante il castello empolese secondo una tipica veduta a volo d’uccello, probabilmente destinato ad usi militari, talmente simile alla veduta vasariana nella sala di Cosimo a Palazzo Vecchio da poterla ritenere uno studio preliminare, proveniente dalla raccolta dell’arcivescovo di Salisburgo, in Austria, ed ivi conservato, genericamente datato attorno alla metà del XVI secolo, se non forse anche ai decenni immediatamente successivi [2].

La seconda novità è costituita da un olio su tela il quale illustra un miracolo di san Nicola da Tolentino, conservato presso il convento delle suore benedettine di Pontasserchio e riferibile a metà Seicento, in occasione del voto collettivo per la pestilenza del 1631, come ricorda una memoria coeva[3].

Incrociando le due immagini, unitamente ad altre considerazioni, credo sia possibile ottenere un’idea sufficientemente accurata di come poteva apparire quella che, all‘epoca e per molto tempo ancora, era la sola piazza cittadina.

Il disegno di Salisburgo, se da un lato appare scarsamente attendibile nella disposizione del reticolo viario – troppo regolarizzato secondo una non realistica tipologia modellata sul castrum romano – dall’altro rivela tutta una serie di particolari degni di interesse e attenzione ed eseguiti con una certa accuratezza, quali i bastioni angolari, la porta Pisana, i torrioni della seconda cerchia muraria, il che fa supporre la sua origine militare. Se già è stata notata la presenza della facciata di sant’Andrea, forse secondo la tipologia a salienti, antecedente alla ristrutturazione settecentesca del Ruggieri ed agli ulteriori interventi che ne seguirono[4], sinora non era stata rilevata al centro della piazza l’esistenza della colonna lapidea sormontata dal Marzocco mediceo, monumento abbattuto dai rivoluzionari filofrancesi nel 1799, ed è questa a tutt’oggi l’unica e sola testimonianza grafica conosciuta.

Per quanto estremamente semplice nell’essenzialità della rappresentazione, la raffigurazione della colonna appare del tutto credibile, caratterizzata da una base circolare probabilmente percorsa da una scalinata concentrica sulla quale si imposta il fusto coronato dal tradizionale Marzocco, poggiante su di un capitello, come descrive Luigi Lazzeri e che ricorda la cosìddetta colonna dell’Abbondanza, posta anch‘essa, e direi non casualmente, al centro di quello che per secoli è stato il Mercato Vecchio di Firenze creando pertanto un interessante parallelo col monumento empolese.

Curiosamente, tranne pochi e rapidi cenni nella storiografia d’inizio Novecento, parrebbe che il monumento, che per secoli ha caratterizzato l’unica piazza cittadina, si sia sottratto all‘indagine degli studiosi. Il solo a fornirci qualche prezioso dettaglio è ancora una volta il canonico Olinto Pogni il quale, nella sua monumentale opera, ricorda l’iscrizione nella base ove si leggeva la data A.D. MDCXV / OCT.IDUS.IULII, ricordandone forse l’erezione nel luglio 1615 (e non 1715 come erroneamente riporta il Bucchi), anche se riterrei logico supporne un’antichità maggiore, al pari dell’esemplare fiorentino il quale potrebbe essere stato lo stimolo affinchè gli empolesi erigessero il monumento[5].

Di non lieve interesse sarebbe poter conoscere a quale avvenimento nell’anno 1615 – forse legato alla Casa regnante – possa riferirsi la perduta iscrizione, ma questo è un aspetto che gli storici non mancheranno di chiarire.

(continua)                                        ©Walfredo Siemoni – riproduzione riservata

 

[1] Elisa Boldrini, in www.empoliestoria.it, giugno 2015.

[2] Biblioteca dell’Università di Salisburgo, Dipartimento di collezioni speciali, segnatura H19, disegno a penna, XVI secolo. Edito per primo da Alessandro Vezzosi in Il sigillo dei Vinci, 1989, p. 60, senza indicare la fonte. Pubblicato con il titolo “Emporium” a volo d‘uccello da Mauro Ristori in «Il Segno di Empoli», n. 78, 2008, pp. 5-6; cfr. anche Carlo Pagliai, Empoli in un documento del XVI secolo, in www.dellastoriadempoli.it, 2013.

[3] Pubblicato da Rossana Ragionieri, in Le campane di Santo Stefano, Signa, 2012, pp. 94-96. Cfr. Memoria del voto che fece la Comunità e Terra d’Empoli al Nostro Glorioso San Nicola da Tolentino l’anno 1631 in tempo di contagio (Archivio di Stato di Firenze, Conventi Soppressi 72, Filza 51 c.2), a cui parrebbero alludere le folgori trattenute dal santo.

[4] Di parere contrario Carlo Pagliai, cit.; sulla facciata di sant’Andrea si rimanda alle considerazioni formulate da Alessandro Naldi in La facciata medievale della pieve di Sant‘Andrea ad Empoli, in «Milliarum», 10, 2013, p.18.

[5] Olinto Pogni, Le iscrizioni di Empoli, Firenze, 1910, n. 642, ricavando la notizia da un manoscritto del Lazzeri non rintracciato; Luigi Lazzeri, Storia di Empoli, Empoli, 1873, p. 70, in cui ricorda gli inutili sforzi del magistrato comunitario per salvare il monumento, e p. 160 in cui ipotizza che la colonna possa essere stata eretta nel 1530 a sostituire il primitivo e leggendario olmo. Gennaro Bucchi, Guida di Empoli, Firenze, 1916, pp. 81-82. L’argomento, per quanto appena sfiorato, è ricordato da Emanuela Ferretti, La piazza della Collegiata di Empoli: regolamenti, condizioni d’uso e rinnovo fra XVIII e XIX secolo, in Città, Storia, Natura, a cura di G. Corsani, Roma, 2002, p. 18.

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