David Parri – Alcune notizie sulla chiesa della Bastia e sull’oratorio di San Pietro d’Alcantara all’Osteria Bianca tra Sei e Settecento (2° parte)

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Saluti da Ponte a Elsa. Fotomontaggio con le immagini de “Il ponte. Borgata. Villa del Vivo e Chiesa della Bastia. Borgata”. Sul verso: “69803 Edit. F.lli Cioni – Empoli Rip. Viet. Fot. A Terreni”. Cartolina 90×140, viaggiata 1923, (coll. F. Pagli)

Si conclude il contributo del professor David Parri sulla chiesa di S Stefano Protomartire alla Bastia e sull’oratorio di S. Pietro d’Alcantara all’Osteria Bianca, due edifici ecclesiastici che, nonostante siano parte del territorio comunale empolesi, sono compresi nella diocesi di San Miniato.

Si conclude il contributo del professor David Parri sulla chiesa di S Stefano Protomartire alla Bastia e sull’oratorio di S. Pietro d’Alcantara all’Osteria Bianca, due edifici ecclesiastici che, nonostante siano parte del territorio comunale empolesi, sono compresi nella diocesi di San Miniato.

Nell’ipotetico quadro relativo alla ricomposizione genealogica degli Orlandini della Bastia e del patronato di Sant’Agapio eravamo giunti alla figura di Giovan Battista, nato Corsini. Dal secondo matrimonio di suo padre Girolamo con Luisa Corsini era nato un figlio che, venuto alla luce nello stesso 1664 in cui muore il padre, ne portava infatti il nome. A questi passò il cognome Orlandini nel 1717, quando morì il fratello Giovan Battista. Nel 1722, con la morte di Girolamo jr., si estingue anche questa linea degli Orlandini. Dalle tavole genealogiche dei Corsini si evince che la parentela con gli Orlandini, che aveva reso lecita l’acquisizione del cognome (e di tutte le proprietà della famiglia estinta) era dovuta alla madre del senatore Carlo Corsini (1573-1657). [1]

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Interno della chiesa di S. Stefano alla Bastia dopo i recenti restauri (foto da www.fondazioneeterritorio.it)

È ad uno di questi due fratelli, molto probabilmente Giovan Battista più che Girolamo, che potrebbe essere dovuta la commissione del busto marmoreo di sant’Agapio. Si tratta di una pregevolissima scultura allineata a quel gusto arcadico, diffuso in Toscana tra la fine del Sei e gli inizi del Settecento, in cui si avverte la ricerca di una eleganza formale segnata da un più temperato eloquio figurativo, di idealizzata ascendenza rinascimentale.
Ad un artefice stilisticamente orientato in tal senso, lo scultore ed architetto Lorenzo Merlini, si era rivolto proprio il nostro Giovan Battista Orlandini quando aveva deciso di edificare la sua villa di Poggio Torselli.[2] Nello stesso periodo in cui lavorava a detta fabbrica o poco dopo, probabilmente nel secondo decennio del Settecento, il Merlini scolpì per lo stesso committente “la Purità”[3] ed iniziò l’Innocenza, statua poi compiuta da Giovanni Camillo Cateni; le due sculture, più grandi del naturale, erano destinate alla cappella della famiglia Orlandini in Santa Maria Maggiore a Firenze, dove ancor oggi si trovano.[4]
Sulla scorta di queste notizie può essere dedotto che fu probabilmente nel periodo compreso tra gli ultimi anni del Seicento ed il secondo decennio del XVIII secolo che il busto marmoreo di Sant’Agapio giunse nella chiesa di Santo Stefano dove ancor oggi si conserva. Per quanto riguarda il probabile autore della scultura il riferimento a Lorenzo Merlini può essere avanzato, pur con cautela, non soltanto per comoda conseguenza degli attestati rapporti con la committenza Orlandini, ma anche per via stilistica, per la condotta esecutiva che appare finalizzata a trattare i volumi ‘corteggiando’ gli effetti di luce in modo da far risaltare le corpose volute della capigliatura e accarezzare le rotondità del volto levigando la superficie sulla fronte e sugli zigomi, sul collo di turgore adolescenziale.
Ritornando in conclusione alla ricostruzione delle vicende che videro il trasferimento del cognome Orlandini ad un ramo dei Corsini è rimasto fuori il capitano di questa nobile famiglia fiornentina che contribuì alle spese del primo baldacchino; la soluzione più plausibile potrebbe essere quella di identificarlo con Ottavio, fratello di Girolamo e quindi cognato di Luisa e zio di Giovan Battista e Girolamo jr., già vicario a Certaldo nel 1655 e commissario a Volterra nel 1664.[5] Supporre che anch’egli abbia preso il cognome Orlandini permetterebbe di sciogliere l’identità di quell’Ottavio che, menzionato con questo cognome, ebbe un ruolo tanto importante nella fondazione dell’altare, come si evince dal citato documento del 1667,[6] anno in cui il ramo principale degli Orlandini è ormai estinto.[7]

Nessun dubbio vi è, invece, circa l’identità del porporato che si adoperò, su richiesta del sacerdote Jacopo Antonio Roffia, per far arrivare da Roma le sacre reliquie di sant’Agapio, poiché si tratta del noto Neri Corsini, nominato cardinale nel 1664 e vescovo di Arezzo dal 1672 al 1677, anno precedente la sua morte.[8]
Proprio nel 1677 la chiesa parrocchiale di Santo Stefano era stata conferita a Tommaso Roffia a seguito della rinuncia dello zio Jacopo Antonio.[9] È durante il periodo in cui Tommaso è curato che un certo Matteo Marani richiede al vescovo di San Miniato il permesso per poter fabbricare “un oratorio con una casetta attaccata in un pratello posto sulla strada Maestra Fiorentina nel Popolo di S. Stefano alla Bastia, qual luogo gli è stato concesso per Benigno Rescritto da S.A.S. come per decreto del 28 luglio 1689”. La licenza viene allora concessa a determinate condizioni: “purché sia in luogo pubblico e con la debita ampiezza, capacità e decenza e con un solo ingresso dalla parte della pubblica strada, e che l’oratore si obblighi a mantenerlo e vi concorra l’espresso consenso riscritto del rettore della Chiesa Parrocchiale”.[10] Il priore di Santo Stefano, il 26 agosto 1689, scrive che acconsente – “senza pregiudizio del mio medesimo Jus parrocchiale” – alla costruzione del piccolo edificio religioso. Si tratta dell’atto di fondazione del piccolo oratorio di San Pietro d’Alcantara che ancora oggi sorge all’inizio della via di Santa Fiora che dal quadrivio dell’Osteria Bianca conduce alla Bastia.
David Parri

[1] Si tratta di Luisa di Giovan Battista Corsini (defunta nel 1693) come si può rilevare dall’albero genealogico che si trova nella tavola xii fuori testo che correda l’opera di Luigi Passerini. Per tutte queste notizie si veda infatti Passerini 1858, p. 135.
[2] Lankheit 1962, p. 239.
[3] Ibidem.
[4] Baldassarri 1990, p. 34.
[5] Ivi, p. 135.
[6] Si veda supra nel testo. Per le notizie su Ottavio Corsini, figlio del senatore Carlo, si veda ancora Passerini 1858, p. 132 e 135.
[7] Del resto in altre carte riguardanti l’arrivo delle reliquie del martire alla Bastia si cita il “Signor Capitano Orlandini del Signor Senatore Carlo Corsini” e questo sembra avvalorare in modo difficilmente confutabile l’ipotesi che si sta avanzando: si veda in proposito Lastraioli 1958, p. 216. Nell’appendice è trascritto un documento datato 1667 e 1668 con notizie relative all’interessamento del Capitano Orlandini e del Cardinal Corsini suo parente, per il corpo di sant’Agapio. Interessante il resoconto della ricognizione dei sacri resti fatto da Jacopo Antonio Roffia “alla presentia del reverendissimo Signor Giovan Francesco Buonaparte Vicario Generale, alla presentia delle Reverendissime Monache della Santissima Nonziata di questa città per essermi suor Domitilla e Suor Elisabetta mie sorelle et alla presentia della Madre Superiora Silvia Fiamminghi Abbadessa, e di tutte l’altre monache con molta loro devotione et sodisfatione per essere il più bello che si sia mai veduto in queste parti, come anco me ne scrive il Signor capitano, che da vent’anni in qua in Roma non ne è uscito il più bello…”.
[8] Passerini 1858, ad vocem.
[9] AVSM, Acta Beneficialia, Bastia, anno 1677, 306 (L), n. 15.
[10] AVSM, Acta Beneficialia, Bastia, anno 1689, 309 (O), n. 26.

Bibliografia

Baldassarri 1990 – F. Baldassarri, La cappella Orlandini in S. Maria Maggiore, in Cappelle Barocche a Firenze, a cura di M. Gregori, Cinisello Balsamo (MI) 1990, pp. 32-54;
Lankheit 1962 – K. Lankheit, Florentinische Barockplastik: Die Kunst am Hofe der letzen Medici 1670-1743, München 1962;
Lastraioli 1958 – G. Lastraioli, Un paese scomparso: il borgo di Santa Fiora, in “Bullettino storico empolese”, II, 1958, 3, pp. 19-216;
Negri 1722 – G. Negri, Istoria degli Scrittori Fiorentini, la quale abbraccia intorno a duemila autori, che negli ultimi cinque secoli hanno illustrata coi loro scritti quella nazione, in qualunque Materia ed in qualunque Lingua e Disciplina, Ferrara 1722;
Passerini 1858 – L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia Corsini, Firenze 1858.

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